Da Siddùra per conoscere uno dei luoghi più belli della Gallura

di Davide Mosca
OLBIA. "Rosso rubino con precipizio granato sul bordo del calice in fondo al quale ci addentriamo in un anfratto spinoso, dove mirti spiritati aleggiano su un terreno di grafite". E'facile pensare, leggendo queste parole, di trovarsi di fronte ad una poesia. Ed è ancora più bello realizzare  che questo linguaggio da acrobati dell'italiano sia utilizzato per descrivere non solo la composizione di un vino, ma anche la passione, il lavoro, l'attenzione di chi lo produce e di chi si trova a degustarlo e a cercare di tradurre in parole le emozioni che scatena. Ci troviamo nel cuore di Luogosanto, in uno dei territori più belli della Gallura, dove il terreno ondeggiante baciato dal sole ospita dei vitigni preziosi in grado di materializzare ben dieci tipologie di etichette differenti. Tutte sotto il cappello del nome dell'azienda che sta conquistando i mercati di mezzo mondo: Siddùra. Nome che tra l'altro è il toponimo della località dove si trova la cantina. L'occasione è quella della presentazione del libro "Culture di Vigna" curato e scritto a due mani dal giornalista Davide Eusebi del Gruppo Qn ( Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione) insieme al sommelier Otello Renzi alla presenza del primo cittadino di Luogosanto, Agostino Pirredda.

 I giornalisti, grazie alle spiegazioni dell'enologo Dino Dini e dell'agronomo Luca Vitaletti, hanno potuto conoscere meglio la filiera produttiva di Siddùra che è ospitata all'interno di una cantina che si trova al centro della tenuta, perfettamente interrata al fine di sfruttare la coibentazione naturale data dal suolo. Il clima ventilato e l'ottimo irraggiamento delle delicate pendenze collinari fanno il resto, preservando e esaltando le caratteristiche organolettiche dei frutti.

«I vini in Sardegna - ha spiegato Dini - prendono il nome dai vitigni, ma è sbagliato perché anche lo stesso Vermentino è molto diverso tra territorio e territorio. Quello di Siddùra è differente da quello che si produce a Oristano, nella Nurra, o anche nella stessa Gallura ad Arzachena. Ed è per questo che per noi è importante produrre dei vini che si identifichino con il territorio dal quale provengono».

Sulla stessa lunghezza d'onda anche le dichiarazioni dell'agronomo di Siddùra, Luca Vitaletti: «Solo venendo qui si capisce la bellezza del posto e la filosofia che sta dietro al nostro lavoro. Noi ci mettiamo molto impegno e c'è una forte volontà di valorizzare il territorio con una gestione che è puntata sul biologico laddove non sono necessari interventi chimici».

I vini che produce Siddùra sono dieci: Èstru è l'ultimo nato della cantina Siddùra, va ad aggiungersi a una ricca collezione di vini che comprende tre Vermentini di Gallura (Spèra, Maìa e Bèru), tre Cannonau (Èrema, Fòla e Nudo), due Carignano (Èstru e Bàcco), l'internazionale Tìros (Cabernet Sauvignon e Sangiovese) e Nùali (Passito di Moscato). 

Al termine del tour guidato è stato possibile accomodarsi nelle sala principale del magnifico stazzo che si erge sopra la collina che domina tutta la tenuta per vivere l'emozione di questa presentazione editoriale. Qui il verde accesso è il colore predominante del panorama esterno. Una campanella ha avviato quello che i relatori-autori hanno chiamato l'ascolto in silenzio del calice: l'osservazione del colore che si mischia alle luci e alle opere d'arte esposte nella stanza, il profumo, il gusto. E guidati da Eusebi e Renzi è stato possibile scoprire la meraviglia dei prodotti della cantina di Luogosanto. Dai vermentini, passando per il Carignano, arrivando al Cannonau. In un dialogo tra relatori e partecipanti che ha restituito la magia di tutto ciò che ruota dietro a quella che agli occhi dei più distratti potrebbe sembrare una semplice bottiglia di vetro.
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