Incendio a Golfo Aranci
Si fa il conto dei danni alla fauna

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di Antonella Brianda


GOLFO ARANCI. Percorrere il sentiero che da Cala Moresca porta al cimitero degli inglesi e poi sù, fino alla stazione radio di Guglielmo Marconi, è destante. L'odore di bruciato entra nelle narici e si impregna nella pelle. Anche l'acqua fa faticata a lavare via la puzza del fuoco. Le fiamme hanno devastato una delle zone più belle e incontaminate di Golfo Aranci. Ci vorranno dieci anni prima che il territorio si riprenda e la vegetazione rinasca. A pochi giorni dell'incendio che, oltre alla distruzione, ha portato con sé anche numerose polemiche sulla prevenzione dei fuochi e la campagna antincendi, si fa il conto delle vittime tra la fauna autoctona di Capo Figari e Cala Moresca. Un gruppo composto da sessanta cacciatori galluresi, guidati da Alberto Fozzi, appartenente all'Ufficio Gestione Provinciale della provincia Olbia-Tempio e da alcuni esperti faunistici, hanno ispezionato due zone colpite dal fuoco.


Di buon mattino, hanno camminato in mezzo alla vegetazione annerita dalle fiamme, alla ricerca di esemplari di testuggini, mufloni, ricci e lucertole morti durante l'incendio. Lo scopo dell'ispezione era quello di monitorare la fauna selvatica nell'area percorsa delle fiamme. Muniti di apparecchi satellitari, cartina della zona e tanta buona volontà, i cacciatori che stanno partecipando ad un corso per coadiutori della fauna selvatica, hanno ispezionato due aree, una alla periferia di Golfo Aranci e l'altra a Cala Moresca. Ventisette esemplari di testuggine marginata, comunemente chiamata tartaruga sarda, sono stati trovati carbonizzati, insieme ad un muflone. Le testuggini sono rettili protetti perché a grave rischio di estinzione nei loro ambienti naturali. Ognuna delle carcasse degli animali è stata controllata e sono state prese le coordinate geografiche in cui sono state ritrovate. Questo perché gli studiosi dovranno capire, attraverso la geo localizzazione, quanti esemplari erano presenti prima dell'incendio e capire, a seguito di ispezioni nel corso negli anni a venire, se e quanto la zona si ripopolerà. 


Lo sconforto dei volontari e degli operatori nell'aver trovato tanti esemplari di tartarughe morte, si leggeva nei loro visi. Allo stesso modo, è stata tanta la gioia nel ritrovare tre testuggini ancora vive, nonostante avessero riportato qualche ferita. In particolare, un esemplare maschio sui quindici anni è stato trovato da uno dei cacciatori. Il signor Francesco Spano, di Olbia, durante tutta l'ispezione, non ha perso neanche per un attimo il sorriso e l'ottimismo. Era convinto che sarebbero riusciti a salvare qualche animale e così è stato. Quando ha avvistato la tartaruga e ha capito che era ancora viva, si è precipitato a prenderla e spostarla dalla zona carbonizzata. "Abbiamo osservato diversi esemplari vivi di lucertole e gechi e avvistato nove mufloni che si spostavano dall'area colpita dall'incendio all'area verde, in cerca di cibo. Questo è un fatto positivo, - ha affermato Alberto Fozzi, responsabile dell'ispezione - anche se il danno che è stato fatto alla vegetazione, purtroppo, non consente il ripopolamento della zona prima di una decina d'anni. La macchia mediterranea dovrà riprendersi prima che possano essere reintrodotti gli animali".

 

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