Palermo, 11 dic. (Adnkronos) - Era il 24 febbraio del 1992 quando Calogero Mannino, l'ex potente ministro democristiano, ricevette un avviso di garanzia con un'accusa pesantissima: concorso esterno in associazione mafiosa. Un terremoto che sconquassò il mondo politico. In quei giorni Mannino era ancora in corsa nel collegio senatoriale di Agrigento con una lista "fai da te" dopo avere lasciato la Democrazia cristiana. C'erano doversi pentiti che accusavano Calogero Mannino. Tra i primi spiccavano i nomi di Gioacchino Schembri e Giuseppe Croce Benvenuto, due sicari di Palma. E poi c'era Leonardo Messina, capo decina della "famiglia" di San Cataldo. Parlano parlavano "delle pericolose amicizie dell'ex ministro". L'inchiesta era coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, dai magistrati Maria Teresa Principato e Vittorio Teresi, i due sostituti procuratori che indagavano sulla mafia agrigentina. Secondo l'accusa, poi rivelatasi insussistente, Mannino avrebbe stretto un patto con la Mafia per avere voti in cambio di favori. Dopo un periodo di detenzione, durato nove mesi di carcere e tredici di arresti domiciliari, Mannino venne rimesso in libertà nel gennaio del 1997 per scadenza dei termini di custodia cautelare.Nel 2001 Mannino è arrivata la prima assoluzione "perché il fatto non sussiste". Un'assoluzione che venne impugnata dal pubblico ministero. Nel maggio 2003 è arrivata la condanna emessa dalla Corte d'appello di Palermo. I giudici lo riconobbero colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa fino al 1994, e condannarono Mannino a 5 anni e 4 mesi di reclusione.