Roma, 22 mar. (AdnKronos) - "I padri dell’Europa, che dettero vita ai Trattati, con il consenso democratico dei loro Paesi, non erano dei visionari bensì degli uomini politici consapevoli delle sfide e dei rischi, capaci di affrontarli". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parlando a Montecitorio in occasione della celebrazione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma."A spingere i fondatori, all’inizio, fu una condizione internazionale di forte instabilità, caratterizzata -ha ricordato il Capo dello Stato- da una competizione bipolare a tutto campo. L’Europa, Unione sovietica a parte, dopo il conflitto mondiale, si scopriva divisa e più debole. Il confine tra le due superpotenze passava nel cuore del Continente e l’avrebbe tenuta separata, a lungo, in due tronconi. Pochi anni prima i rischi di una terza guerra mondiale si erano manifestati con il blocco di Berlino e con la guerra di Corea". "A stento, nel 1955, si riusciva a regolare la questione austriaca, sotto clausola di neutralità. Si sviluppava l’insurrezione dell’Algeria per l’indipendenza, conquistata da Tunisia e Marocco nel 1956. In quello stesso anno l’invasione dell’Ungheria e la crisi del canale di Suez. Con questa si chiudeva un’epoca e le potenze europee venivano liberate da residue illusioni coloniali. Quella situazione di fragilità poneva l’esigenza di ridare una prospettiva all’Europa".