Due ladroni e una partita di calcio
Paolo Zucca parla del suo "Arbitro"

di Francesco Bellu

 SASSARI. Un po' Macondo di Garcia Marquez, un po' come la Patagonia dei romanzi di Soriano. Quello che conta è la dimensione mitica che neutralizza il tempo e lo spazio, trasfigurando una terra in un luogo dell'anima. In una geografia dell'astratto. Sono queste le coordinate su cui muoversi di fronte a "L'arbitro", opera prima di Paolo Zucca presentata ieri sera al Teatro Verdi a Sassari insieme a due protagonisti del suo film: Geppi Cucciari e Jacopo Cullin. I tre, alla fine della proiezione, si sono intrattenuti con il pubblico in sala rispondendo alle domande degli spettatori. Una lunga chiacchierata moderata da Antonello Grimaldi, regista e presidente della Film Commission sarda.

Alla base del film di Zucca, che è stato presentato in anteprima nella sezione Giornate degli autori all'ultimo festival del cinema di Venezia, c'è un suo cortometraggio, dal titolo omonimo, vincitore del David di Donatello e del premio speciale a Clermont Ferrand, ripreso ed esteso. «In origine c'era la storia di due ladroni - racconta - e una frase di sant'Agostino che dice: "Non disperare, uno dei due ladroni fu salvato, non illuderti, l'altro fu dannato". I due ladri erano un arbitro corrotto e un ragazzo che aveva rubato un agnello che si ritrovano sullo stesso campo da gioco durante una partita di calcio di terza categoria». Questo nucleo narrativo viene mantenuto anche nel lungometraggio, solo che ne vengono moltiplicate le implicazioni: dalla similitudine con i campi di calcio della serie A a quelli "infernali" della Sardegna, ai riferimenti etici e religiosi insiti al suo interno in un mix di generi e toni che mescolano commedia, grottesco, epico e western. Tanto che Zucca tiene bene a precisare che la sua non è una critica sociale: «Non ho voluto dare giudizi di questo genere, - ci spiega il regista - né tantomeno fare un'opera di denuncia. L'uso del bianco e nero serve ad astrarre ogni cosa, ad evitare anche che il film venga letto in questo modo. Volevo che la Sardegna diventasse un luogo astratto, fuori dal tempo». Non è un caso che per spiegare meglio questo concetto citi lo scrittore argentino Osvaldo Soriano, autore di racconti di uomini e pallone, di partite giocate come se fossero duelli epici irripetibili, ancorati alla terra e alla polvere di un campo ai confini del mondo.

Già, perché Pabarile e Montecrastu, i due paesi in cui è ambientata la vicenda, sono luoghi di confine. Immersi in una landa che sembra infinita, in cui si disputano i destini delle due squadre locali e si mescolano passioni umane fatte di rivalsa e vendetta. In parallelo c'è l'ascesa e la caduta dell'arbitro Cruciani, interpretato da Stefano Accorsi, figura quasi cristologica che non disdegna suo malgrado di mettersi un po' nei panni di un Giuda e di vendersi per trenta denari. Un universo prettamente maschile in cui c'è un'unica presenza femminile: la Miranda di Geppi Cucciari. Una «bisbetica sexy» la definisce Paolo Zucca, protagonista della parentesi "romantica" del film. Di lei infatti si innamora il bomber del Pabarile, Mazutzi (intepretato da Jacopo Cullin), un ragazzo appena rientrato dall'Argentina, dove suo padre a dispetto delle attese non ha fatto fortuna. «Il film è molto maschile per via dell'ambientazione e io faccio il ruolo di una donna sarda, isterica...ma di 35 anni. - racconta ironicamente Geppi che ricorda anche quando Paolo Zucca le propose la parte - Mi ha chiesto al telefono: vuoi fare un film con Stefano Accorsi e Benito Urgu (che interpreta suo padre, l'allenatore cieco del Pabarile, ndr.). Ovviamente quando uno ti dice così ovvio che accetti, vuoi sapere dove va a parare. Così sono arrivata sul set, ed è stato un privilegio lavorare con lui». Jacopo Cullin, alias Mazutzi, il ruolo se l'è dovuto invece conquistare con le unghie e con i denti: «Paolo mi aveva proposto un ruolo secondario, ma poi leggendo la sceneggiatura vedevo il ruolo di Mazutzi è pensavo: questo sono io. Così ho chiesto a Paolo di darmi almeno una possibilità, facendomi fare il provino per quella parte». E ha fatto goal.

Poco prima dell'inizio del film c'è stato spazio anche per la lettura di un documento portato dall'associazione regionale Moviementu che raccoglie registi, maestranze, operatori culturali del mondo del cinema che chiedono di sviluppare il settore cinematografico e audivisivo dell'isola, in maniera tale da renderlo finalmente un'industria sostenibile. Per questo motivo - spiegano - deve essere sostenuta con risorse adeguate, tenendo conto delle tante professionalità presenti in Sardegna. Perché il grande schermo sarà anche il luogo dei sogni, ma quei sogni vanno alimentati se no rischiano di morire per sempre.

 


 

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