(AdnKronos) - Ormai, sottolinea Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, "è sotto gli occhi di tutti la distesa interminabile di stabilimenti balneari che, dal Tirreno all’Adriatico passando per lo Jonio, costellano le coste della nostra Penisola. In modo progressivo cabine e strutture, ristoranti, centri benessere e discoteche stanno occupando larghe fette della battigia. Inoltre il numero delle concessioni cresce, i canoni che si pagano sono molto bassi, e nessuno controlla come questo processo sta andando avanti". Il rischio, aggiunge, "è che si continui in una corsa a occupare ogni metro delle spiagge italiane con stabilimenti che, in assenza di controlli come avvenuto fino ad oggi, di fatto rendono le coste italiane delle coste privatizzate quando invece le spiagge sono di tutti. Per questo chiediamo l’istituzione di una legge nazionale che preveda, tra i vari punti, che almeno il 60% delle spiagge venga lasciato alla libera fruizione e che vengano definiti canoni adeguati e risorse da utilizzare per la riqualificazione ambientale". Ad oggi, ricorda l’associazione ambientalista, manca un provvedimento ad hoc che fissi quale quota di spiaggia debba essere mantenuta libera per l'accesso di tutti e proprio questa "assenza normativa” ha portato alcune Regioni, in alcuni casi, ad intervenire con risultati a volte buoni a volte insufficienti. Tra i casi virtuosi, la Puglia, la Sardegna e il Lazio. In Puglia con la Legge regionale 17/2006 ha fissato una percentuale di spiagge libere maggiore (60%) rispetto a quelle da poter dare in concessione (40%).