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(AdnKronos) - Ma sottrarre il mercato del lavoro alla criminalità, rileva la Cia, "non vuol dire unicamente controllo e repressione, vuol dire anche diventare responsabili di quel segmento in modo trasparente, tracciato, legale ed efficace: le parti sociali, insieme alle istituzioni, possono e devono farlo. Tanto più che i numeri più recenti sul caporalato parlano di circa 100 mila 'nuovi schiavi', che si alternano oggi tra i filari di vite o nella raccolta dei pomodori e della frutta". La lotta ai caporali e allo sfruttamento del lavoro sarà lunga e difficile ma, se deve portare a risultati che durino nel tempo, dovrà essere composta di tante azioni. Il Protocollo firmato oggi ne affronta alcune, osserva la Cia, "ma non si può trascurare che parallelamente vi è in commissione Agricoltura un ddl del governo, su cui proprio ieri si è svolta un’audizione del ministro Martina, il quale si è espresso per un’accelerazione dell’iter legislativo".Sul disegno di legge, però, la Cia ritiene che, oltre alla necessità che le norme penali già esistenti siano certe e applicate (prima ancora che rafforzate o innovate come intende fare il governo), "sia opportuno non introdurre elementi estranei rispetto all’obiettivo e che rischiano di distrarre risorse ed energie verso fini completamente diversi. Occorre cioè uscire finalmente dall’errata sicurezza psicologica che vede nell’aumento della burocrazia e dei vincoli (quali gli indici di congruità o le mensilizzazione dei contributi) una maggiore garanzia di tutela del lavoro e di rispetto della legge. Il lavoro sano si afferma con regole chiare, semplici e sostenibili -conclude- la Cia. L’integrazione delle banche dati e del patrimonio informativo in possesso delle Pa deve fare il resto".
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