A rischio chiusura centri antiviolenza La denuncia di "Prospettiva Donna"

(foto: fotorepertoriointernet)
lunedì 25 luglio 2016
Patrizia Dsole, presidente di Prospettiva Donna, ha preso carta e penna e ha scritto al presidente della Regione Francesco Pigliaru, per denunciare il pericolo concreto per i centri antiviolenza pe rle donne che da tempo non ricevono risorse.
OLBIA. Non ci sono più soldi e risorse e i centri antiviolenza per le donne rischiano di chiudere e di mandare in fumo il faticoso lavoro costruito in tanti anni di attività e dedizione. La denuncia arriva oggi da Patrizia Desole, presidente dell'associazione Prospettiva Donna di Olbia e consigliere comunale del Pd. La Desole ha preso carta e penna e ha scritto una lettera indirizzata al presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru. Nello specifico, nella missiva, si fa riferimento alla mancata erogazione dei fondi per il 2015 e di parti di quelli del 2014. "Stiamo assistendo -hanno commentato dall'associazione- ad un tuffo nel passato teso ad annullare un grande patrimonio di diritti e di strumenti a favore delle donne". Di seguito riportiamo la lettera integrale firmata da Prospettiva Donna:


"Nell' ultimo incontro del 21 di questo mese, organizzato dalla commissione Pari Opportunità Regionale a Cagliari, finalizzato a costituire un "Tavolo permanente contro la violenza sulle donne",  è emerso, con nostro grande stupore, un arretramento, un tuffo nel passato teso a annullare e disperdere un grande patrimonio di diritti e strumenti a favore delle donne e dei loro figli vittime di violenza maschile e di  genere.
Pensavamo che finalmente la voce dei Centri venisse ascoltata, invece, il loro ruolo è stato sminuito e delegittimato senza nessun confronto, dimenticando che essi sono fondamentali per combattere questo fenomeno : i centri sono tutti i giorni in prima linea, di GIORNO e di NOTTE, per sostenere le donne nel loro cambiamento di vita  . I Centri rappresentano la voce delle donne, sono luoghi dove esse intraprendono percorsi di libertà, invece si è parlato di trattare e medicalizzare le vittime, contrariamente a quanto stabilito dai protocolli internazionali
Caro Presidente, più volte abbiamo chiesto di essere ascoltate :  siamo a rischio chiusura! Che ne sarà di tutte le donne e dei bambini che stiamo aiutando? Che ne sarà di loro?  Sono giá oltre 46 i casi di femminicidi nel 2016 in Italia, è una vera mattanza !  senza considerare stupri, stalking, molestie e violenze in famiglia, come dimostrano le innumerevoli richieste di aiuto quotidiane in costante crescita da parte delle vittime che vedono nei Centri Antiviolenza la loro ultima speranza. Oltre ai numeri tangibili degli accessi, non dobbiamo scordarci il sommerso che ci preoccupa tanto quanto gli aiuti concreti effettuati in tutti questi anni.

Dall'incontro ci aspettavamo un forte sostegno alla nostra indispensabile opera di aiuto concreto alle donne, di sensibilizzazione, di formazione, di prevenzione e di elaborazione culturale, ci aspettavamo un impegno a eliminare il più possibile gli ostacoli burocratici che rendono ancora più difficile il nostro lavoro, un rafforzamento della rete dove i Centri sono il fulcro da ascoltare per rendere più efficaci gli strumenti a disposizione, perché si tratta di valorizzare l'esistente e di sostenere i centri mettendo a disposizione le risorse: siamo nel 2016 e stiamo attendendo ancora i soldi di una parte del 2014 e di tutto il 2015. Come pensate possiamo continuare a garantire i servizi e accogliere le donne in pericolo? E' chiaro che chiudere i centri  significa assumersi la responsabilità della mancata tutela delle donne valutate a rischio, la cui accoglienza IMMEDIATA  di solito ci viene chiesta dalle forze dell'ordine, dalle procure e dai servizi sociali?  E allora che senso hanno i tavoli se non sostenete chi davvero lavora sul campo? Le proteggerete, come proposto, con l'App?

Da un'indagine organizzata da ActionAid, Wister e D.i.Re  (visionabile al sito http://www.donnechecontano.it/) presentata a Novembre 2015 a Palazzo Chigi alla presenza di esponenti del Governo, è emerso che la Regione Sardegna, in questi anni, risultava essere una regione modello sulla trasparenza dei fondi concessi ai centri antiviolenza, e una delle più attive nel contrasto al fenomeno della violenza di genere. Perché distruggere tutto questo? Proprio la Sardegna ha varato nel 2007 la Legge nr.8, modificata nel 2013,  sulla violenza di genere che risulta essere tra le più innovative per l'azione di contrasto al problema e di supporto ai centri. Volete davvero disperdere un'eccellenza che per certi versi ha anticipato provvedimenti nazionali e convenzioni europee ?
Non possiamo più attendere, le donne e i loro figli hanno bisogno di risposte tempestive e di un confronto con la parte politica, in caso contrario ci vedremo costrette a manifestare tutta la nostra indignazione e alcune di noi non esiteranno a mettere perfino a repentaglio la propria vita iniziando lo sciopero pacifico della fame davanti al Palazzo della Regione, perché la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani e chi uccide una donna uccide tutte noi! Il femminicidio rappresenta tutte  le forme di violenza sulle donne che derivano dall'accettazione, anche da parte delle Istituzioni, di una cultura patriarcale che le svalorizza  e non riconosce loro dignità di persone con i propri diritti, per  questo la politica non può tacere e essere indifferente.
Indirizzeremo questo appello a tutte le cariche istituzionali affinché nessuno possa dire: io non sapevo".

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