OLBIA. L'integrazione e la piena accettazione dell'"altro" al centro del sesto incontro "One1Team... for my life!", il progetto di responsabilità sociale promosso da Eurolega e firmato da Dinamo e Fondazione Dinamo. Ieri, nella sala della Club House societaria in via Nenni, gli studenti dell'Istituto di San Donato hanno partecipato alla riflessione sul tema "Tutti diversi, ma tutti uguali!" con l'esperto Ali Bouchouata, operatore dello Sportello Extracomunitari del Comune di Sassari e con i tanti gli ospiti di questa sessione davvero coinvolgente: assieme al coach Marco Bergna, al capitano Claudio Spanu e al campione nazionale Fabio Raimondi, della Dinamo Lab (la squadra biancoblu che disputa il campionato di serie B in carrozzina), c'erano il capitano della Dinamo Sassari Manuel Vanuzzo, il play Edgar Sosa e l'ala Rakim Sanders, il nuovo arrivato in casa Dinamo Cheikh Mbodj e Jerome Dyson, il coach biancoblu e One Team ambassador Meo Sacchetti, e i One team coach Paolo Citrini e Massimo Bisin. Osservatore speciale il presidente del Tribunale per i Minori di Sassari dottor Antonio Minisola, che sarà la guida della prossima sessione dedicata alla legalità.
L'incontro. La sessione è stata aperta dalla testimonianza di Ali Bouchouata, operatore dello Sportello Extracomunitari del Comune di Sassari. Nel 1990 Alì è arrivato in Italia dal Marocco, allora era uno studente universitario e dopo aver visitato Roma è venuto in Sardegna per fare visita ad un suo connazionale che abitava a Florinas. Spinto dal suo amico ad intraprendere un'attività commerciale ha deciso di rimanere, investendo i propri risparmi. E da allora non è più andato via. Una scelta non facile in tempi in cui, ancor più di oggi, l'accoglienza e l'integrazione degli stranieri non erano passaggi semplici.
Primo scoglio la lingua: "Ho dovuto far presto ad imparare l'italiano _ ha raccontato Alì ai ragazzi _ scegliendo di frequentare il più possibile gente italiana proprio per riuscire a stabilire un contatto migliore, una comunicazione più chiara. In tre mesi sono riuscito ad imparare e questo è stato un grande step superato. Ho voluto sempre relazionarmi con gli italiani per cercare di capire la loro cultura e far conoscere la mia a loro. Solo così ci si può davvero capire e realizzare l'inclusione fra persone di origini e culture diverse. E le responsabilità in questo non sono soltanto di chi deve accogliere ma anche di chi arriva e chiede accoglienza, che lo deve fare sempre rispettando regole e cultura altrui".
I passi di Alì in Sardegna sono stati veloci, in un percorso non certo facile e a volte ostacolato dalla diffidenza e dal pregiudizio, barriere che il marocchino un passo alla volta è riuscito ad abbattere: si è iscritto all'università, si è sposato e ha cominciato a lavorare nel commercio. Poi l'occasione della sua vita, la selezione come Mediatore linguistico al Comune di Sassari e il successivo impiego come operatore dell'Ufficio Stranieri. I suoi tre figli sono tutti nati a Sassari, la città è diventata ormai la loro casa, l'Italia la loro terra.
"Noi siamo marocchini e non dimentichiamo mai le nostre origini, la nostra cultura e la nostra religione. Ma ci sentiamo anche italiani, di questa terra abbiamo assorbito la cultura e la rispettiamo. Integrazione non vuol dire assimilazione ma interazione nel rispetto e nel mantenimento della propria identità, preservandola come patrimonio personale e delle culture".
Una storia di vita che ha catalizzato l'attenzione e stimolato le tantissime domande dei ragazzi della scuola di San Donato, che sperimentano tutti i giorni l'esperienza delle relazioni con compagni di nazionalità e culture diverse, in una delle scuole maggiormente multietniche della città, dove la presenza di studenti stranieri negli anni è in costante crescita. E per questi ragazzi ha parlato anche la figlia maggiore di Alì, Ilam, 15 anni, velo sulla testa e cultura tutta italiana. Ha parlato del significato dell' accoglienza e dell'integrazione, del ruolo fondamentale della scuola nella realizzazione di una vera inclusione, come luogo in cui viene favorita la convivenza tra persone originariamente distanti e come mezzo capace di fornire gli strumenti per una completa realizzazione di sé e per l'interazione con la comunità. E sollecitata dalle domande dei ragazzi ha spiegato anche la sua scelta di indossare il velo, "una scelta di responsabilità _ ha detto _ una convinzione e un segno di appartenenza alla mia religione".
Assieme alla testimonianza di Alì e di sua figlia, quella dei giocatori della Dinamo Lab, Fabio Raimondi e Claudio Spanu, campioni di basket in carrozzina, che hanno raccontato la loro esperienza di vita e di sport, vissuta a volte faccia a faccia con il pregiudizio della gente ma più spesso come opportunità per riuscire nei loro obiettivi e per raggiungere traguardi straordinari.
Un incontro davvero all'insegna della volontà di conoscere e comprendere l'altro, "il diverso", che ha coinvolto in maniera molto forte tutti, dagli studenti di San Donato, accompagnati della Dirigente Patrizia Mercuri, ai One Team ambassador e coach, ai giocatori e coach della DinamoLab. La sessione di lavoro come sempre si è poi spostata sul parquet del PalaSerradimigni per l'ora pratica insieme con i campioni su due ruote della Dinamo Lab e i giganti biancoblu Manuel Vanuzzo, Rakim Sanders, Edgar Sosa, Cheikh Mbodj e Jerome Dyson.
La prossima sessione. All'incontro di ieri ha partecipato anche il presidente del Tribunale per i Minori di Sassari, dottor Antonio Minisola, che sarà la guida del settimo incontro OneTeam, in agenda martedì prossimo, nella sessione-laboratorio informativo dal titolo :"Legalità e convivenza. Regole e trasgressione", che sarà dedicata al tema della legalità e dei diritti e dei doveri.