OLBIA. Legambiente si scaglia contro il nuovo Piano paesaggistico varato dalla giunta Cappellacci. "Siamo in presenza di un nuovo Ppr che, soprattutto nella parte normativa, stravolge il Piano del 2006. Di fronte a questo quadro - afferma il presidente regionale di Legambiente Vincenzo Tiana - è abbastanza comprensibile e pensiamo doveroso che i rappresentanti del Ministero dei Beni Culturali non abbiano controfirmato i documenti del Ppr in quanto vanno molto oltre le necessarie correzioni cartografiche ed interpretative ed esprimono una linea diversa della tutela, contenente meno salvaguardie territoriali. Praticamente si travalicano le indicazioni contenute nel codice del paesaggio per le operazioni di mero aggiornamento e dal momento che il Ppr era stato condiviso con il MIBAC dal 2007 tutte le operazioni di aggiornamento devono essere svolte in co-pianificazione. In sostanza siamo in presenza di un nuovo Ppr che può creare solo illusioni e confusione dal momento che appare rivolto a creare aspettative edificatorie e sospendere di fatto le procedure di approvazione dei Piani Urbanistici Comunali".
"Le normative di attuazione - presegue Tiana - consentono di ridurre i livelli di tutela del PPR principalmente assegnando un ruolo fondamentale alle norme transitorie che assegnano ai comuni, a secondo dello stato della loro pianificazione comunale, la possibilità di "realizzare gli interventi anche nelle zone territoriali omogenee C,D,G ed F, previsti dagli strumenti attuativi approvati e, se di iniziativa privata, convenzionati. In sostanza, invece di proporre ai comuni di completare il loro iter pianificatorio, si consente in via transitoria, prima della redazione del Puc, anche di realizzare lottizzazioni bloccate da oltre 10 anni fa e la possibilità di realizzare in tutte le aree, compresa la fascia costiera, ampliamenti del 15%. Una prima conseguenza sarà la sospensione della attività pianificatoria dei comuni. In pratica verrebbe consentita la potenziale emersione di potenzialità edificatorie che nel 2003 era stato valutata in circa 15 milioni di mc. Con l'attuale proposta di ritorno al passato e la conseguente riduzione delle tutele si verrebbe a compromettere ulteriormente l'eccezionale patrimonio paesaggistico che è rimasto ai Sardi dopo il disfacimento dell'industria sia mineraria che petrolchimica che hanno lasciato macerie inquinanti, la compromissione di territori di pregio e la disoccupazione dilagante. Intaccare il capitale paesaggistico ed ambientale - conclude Tiana - prospetta a nostro parere ulteriore impoverimento dei sardi. Il bene paesaggistico, assieme alla conoscenza, costituisce oggi la preziosa materia prima di un diverso e possibile sviluppo. Più del petrolio, su cui questa regione ha creduto e puntato, più del mattone, in cui qualcuno crede ancora nonostante siamo in presenza di migliaia di costruzioni invendute. Gli studi ormai dimostrano che ad incrementare il turismo sono i paesi che più hanno preservato il capitale non delocalizzabile costituito dai Beni paesaggistici, ambientali e culturali".