Spi Cgil, 2,6 mln non autosufficienti, solo 4,1% con assistenza

giovedì 15 marzo 2012
Assistenza domiciliare interessa solo un anziano su cinque.
Roma, 15 mar. (Labitalia) - Il numero degli anziani in Italia e' in costante aumento e ha superato quota 12 milioni: dal 2005 al 2010 gli over 65 sono cresciuti di 768 mila unita', di cui 207mila al Sud. Le persone non autosufficienti attualmente sono circa 2 milioni e 600mila: di questi ben 2 milioni sono persone anziane. Nei prossimi anni i non autosufficienti toccheranno quota 3 milioni. E' quanto emerge dall'indagine conoscitiva dello Spi-Cgil sulla non autosufficienza, sull'assistenza domiciliare integrata (Adi) e, piu' in generale, sullo stato di salute dell'organizzazione dei servizi sanitari e sociali rivolti alle persone anziane.Il governo Berlusconi, denuncia lo Spi Cgil, ''ha fortemente ridotto se non, rispetto ad alcune specifiche voci, del tutto azzerato la spesa sociale nel nostro paese. E' il caso del Fondo per le Politiche sociali, che è passato da 930 milioni di euro a 43 mln. Il Fondo per la non autosufficienza di 400 mln di euro è stato, invece, annullato. Tagli e ritardi si sono registrati anche nell'erogazione dei Fondi di Premialità per otto regioni del Sud e in particolare di quei 345 milioni di euro destinati all'Assistenza domiciliare integrata (Adi)''.La domanda di servizi di assistenza per anziani non autosufficienti è molto forte. Tale domanda, però, rileva lo Spi, è attualmente sopperita dal ricorso ad assistenti familiari (colf) che hanno raggiunto quota 780mila su tutto il territorio nazionale. Il welfare pubblico, rileva l'indagine conoscitiva, è stato sostanzialmente sostituito da quello 'familiare', privato o da ricoveri presso strutture residenziali. Solo il 4,1% del totale della popolazione anziana usufruisce dell'Assistenza domiciliare integrata: si tratta di 502.475 persone, ovvero solo di un anziano su cinque. Di questi oltre 414mila (4,9% della popolazione anziana) risiedono nelle regioni del Centro-Nord, 192mila (7,9%) in quelle del Nord-Est, 121mila (3,5%) in quelle del Nord-Ovest, 101mila (3,9%) in quelle del Centro e 88mila (2,3%) in quelle del Sud.Il primato dell'Assistenza domiciliare integrata spetta all'Emilia-Romagna che assiste l'11,6% del totale della popolazione anziana presente nella regione. Seguono l'Umbria con il 7,7%, il Friuli Venezia Giulia con il 6,8%, il Veneto con il 5,5% e la Basilicata (unica regione del Mezzogiorno) con il 5%.Parzialmente soddisfacente è la quota di assistenza in Abruzzo (4,9%), nel Lazio (4,7%) e Lombardia (4,3%), con una prevalenza pero' di interventi sanitari. Ritardi nell'attivazione e scarsa integrazione dei servizi territoriali si registrano in Liguria e Marche dove è assistito il 3,5% della popolazione anziana e in Molise dove la percentuale è del 3,3%. In Calabria, invece, la percentuale non supera il 2,8% ma a fronte di un quadro regionale non positivo in alcune Asl il processo di realizzazione dell'Assistenza domiciliare integrata e' ben impostato. Percentuali inferiori alla media si registrano, inoltre, in Sardegna (2,5%), in Piemonte (2,2%), in Trentino Alto Adige (2,1%) e in Valle d'Aosta (0,4%). Gravi problemi ci sono in Campania (2,1%) e in Sicilia (1,5%) dove la struttura degli interventi è prettamente ''ospedalocentrica''. Anche in Puglia la percentuale e' bassa e si attesta all'1,8%.La situazione in questa regione è disomogenea sul territorio e sconta il ritardo dell'attivazione della rete di servizi socio-sanitari. Particolare, infine, è il caso della Toscana. In questo caso il metodo di valutazione e' diverso e dove è stato definito il primo Piano socio-sanitario integrato e dove l'assistenza è affidata alle Case della Salute.Particolarmente disomogenea è la situazione che riguarda il partenariato, ovvero il confronto tra diversi soggetti sulla realizzazione di interventi finalizzati allo sviluppo economico, per il territorio e per l'integrazione sociale. Non si attua, infatti, in Calabria e nel Lazio. In Veneto, invece, si sviluppa a livello regionale mentre in Campania, Friuli Venezia Giulia e Val d'Aosta è più sviluppato a livello territoriale con Enti locali e Asl. Relazioni strutturate e ben avviate, invece, si registrano in Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Basilicata, Piemonte e Umbria. I confronti sono aperti e in fase di attivazione nelle Marche e in Abruzzo.
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