Leon, Terzo settore rappresenta una 'liberalizzazione'

giovedì 1 marzo 2012
L'economista è intervenuto alla Conferenza sul welfare.
Roma, 1 mar. (Labitalia) - Nel welfare, "il Terzo settore in fondo è una cosiddetta liberalizzazione, senza che vi sia però un reale controllo da parte degli enti locali che non hanno più neanche il fiato per sorreggere un'azione strategica nei confronti soprattutto delle politiche sociali di natura individuale". Ad affermarlo l'economista Paolo Leon, intervenuto alla conferenza nazionale 'Cresce il welfare, cresce l'Italia', organizzata oggi e domani a Roma da cinquanta organizzazioni sociali, tra cui Cgil e Inca. "Di welfare -spiega- ce n'è almeno due. Uno generale universale, che dovrebbe essere gratuito per tutti e ha il significato di liberare i cittadini dal bisogno, in modo che possono esprimere liberamente lo sviluppo della propria personalità. Ma tutto questo non c'è più. Il degrado del nostro stato sociale nasce ancora prima che esso fosse stato creato in Italia. Nel compromesso fiscale del passato, il deficit originato dallo stato sociale veniva finanziato dalla banca centrale con l'emissione di moneta, lo stato quindi non si indebitava nei confronti del mercato. Ora non è più così, se c'è un deficit finanziario deve essere finanziato; se non si possono aumentare le tasse, aumenta il debito. In questa stretta, il welfare perde le sue caratteristiche, diventa welfare per i poveri, viene sostituito anche dalla benevolenza privata". "Abbiamo dalla parte della resistenza nei confronti di questa situazione, la presenza di grandi e piccole organizzazioni di Terzo settore -dice Leon- che non sono pietistiche e non sono nemmeno un sostituto dell'azione pubblica. Sono uno strumento dell'azione pubblica per riuscire a rendere meno burocratica, più vicina ai singoli bisognosi dell'intervento pubblico, l'azione dello Stato. E' un compito difficile da realizzare e con soldi sempre minori, però è anche una situazione che rinforza la possibilità di uscire da questo dilemma". "Monti, come del resto Tremonti, tutti i conservatori sono uguali, ritengono -chiosa Leon- che lo stato sociale sia un lusso e che deve essere sostituito dall'intervento privato, vuoi di beneficenza vuoi a pagamento. Ma penso che non ci riusciranno perché dopo tanti anni la gente è molto attaccata ad alcuni elementi importantissimi dello stato sociale, come i l'assistenza ai disabili e agli anziani, ma anche l'istruzione e la sanità, che sono cardini della nostra società che possono essere forse gradualmente rovinati, ma non possono essere facilmente distrutti"."Il welfare -spiega- ha anche un significato economico fortissimo: fa risparmiare moltissimo i cittadini rispetto alla sua controparte privata, perché si provvedono servizi senza che ci siano profitti; questo risparmio rileva sul reddito dei singoli cittadini, che non si rendono però conto di questo perché non c'è un corrispettivo di mercato di questo risparmio. Nel mercato c'è un Pil che comprende la spesa pubblica solo come costo, non come profitto e rendita, come avverrebbe nel settore privato". "Inotre, lo stato sociale provvede una forma di assicurazione automatica che riduce l'avversione al rischio degli individui, che possono essere così più imprenditivi di quanto lo sarebbero se non ci fosse, e questo è una base della nostra competitività. Infine, c'è una questione economica molto importante: nelle grandi dimensioni del welfare -conclude- ci sono economie di dimensione che non si producono nello stesso modo se il welfare fosse privato; nel Terzo settore questa caratteristica di economia di dimensione non c'è, e su questo occorrerebbe ricercare".
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