Roma, 8 nov. (Adnkronos) - ‘’Non è affatto illogico, laddove tale sodalizio perda le stimmate di mafiosità, determinare una pena più elevata nel minimo, proprio perché rispetto al tipo ‘ordinario’ del fenomeno associativo semplice, il giudicante si trova dinanzi un sodalizio che, nell'ambito della scala di gravità della relativa fattispecie, assume, per come ampiamente descritto nelle sentenze di merito, connotati di elevata gravità e pericolosità’’. E’ quanto scrivono i giudici della seconda sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 29 settembre ha reso definitive le condanne per i due principali protagonisti dell’inchiesta Mafia Capitale, Salvatore Buzzi, a 12 anni e 10 mesi, e Massimo Carminati, a 10 anni.‘’Congrua motivazione rinvengono anche gli aumenti operati per le due ipotesi associative semplici per cui è intervenuta condanna (in misura ben inferiore a quella che aveva stabilito al riguardo il primo giudice) – sottolineano i supremi giudici - Si è infatti, messo in evidenza come l'una compagine fosse finalizzata a lucrare dal settore degli appalti pubblici, inquinando persistentemente e pesantemente, con metodi corruttivi e pervasivi, le scelte politiche e l'agire pubblico dell'ente locale. Alla tipologia della finalizzazione delle condotte oggetto del ‘pactum sceleris’ – si legge nelle motivazioni - si è accompagnata, poi, l'indicazione del grado di pericolosità sociale raggiunto dal sodalizio per l'inquinamento del tessuto pubblico-economico e in ragione degli effetti scaturenti da tale organizzata forma di concorso necessario nel reato. E tanto si è fatto anche mediante il significativo richiamo del contenuto intercettivo - non oggetto di denunziati travisamenti - dove la pubblica amministrazione, si precisa, è descritta come una "mucca" cui occorre dare nutrimento al fine di poterla "mungere". Anche dell'altra compagine se ne è evidenziato il disvalore tanto per le particolari finalità illecite perseguite, inquinanti il tessuto relativo al libero esercizio del credito che, soprattutto, per la caratura criminale dei partecipi e per il ruolo di ‘trait d’union’ svolto dal ricorrente. Si tratta, dunque, di un argomentare pienamente idoneo a supportare, sul piano del rispetto dell'onere di motivazione, la misura degli aumenti inflitti in ordine ai delitti associativi tenuto conto del ruolo di primo piano riconosciuto all'imputato e del numero degli associati’’.‘’La scelta del minimo edittale da parte della Corte di Appello è stata conseguenza della qualificazione del sodalizio come di natura "mafiosa" ma, certamente, non di una mafia "tradizionale" – sottolineano i supremi giudici - e, peraltro verso, non (ancora) particolarmente radicata come tale; laddove, al contrario, riconducendo il fenomeno nella associazione a delinquere "semplice" non si poteva non tener conto della sua diffusività e pervasività in ambiti diversi della vita economica, politica ed amministrativa della capitale’’.