(AdnKronos) - Roma. Il ‘lavoro agile’ o ‘smart working’ sta per diventare una realtà anche nel pubblico impiego. Non appena è stata approvata la legge, che interessa anche il settore privato, il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia ha emanato una direttiva (che ha ricevuto il placet anche di Regioni e Comuni) per sperimentare questa forma di lavoro pensata per conciliare maggiormente i tempi di vita e di lavoro, aumentare la produttività e consentire anche alle neo mamme di seguire la famiglia lavorando ad esempio da casa, a patto di conseguire determinati risultati. Ma sono i dirigenti pubblici a a sollevare qualche dubbio sull’efficacia del sistema. "É il lavoro per obiettivi e che guarda ai risultati: un traguardo importante” afferma all’Adnkronos Barbara Casagrande, segretario generale Unadis. “Per noi dirigenti – prosegue Casagrande - è la formalizzazione di ciò che già spesso facciamo con tablet e smartphone: rispondiamo a mail, studiamo documenti e forniamo indirizzi agli uffici anche da lontano (spesso anche durante le ferie o altre assenze giustificate)”. Tuttavia, Unadis teme che lo “smart working” non abbia il successo sperato, per alcune criticità e si auspica che la fase sperimentale aiuti a superare. “Per noi, vi è la necessità che non si ricorra ad automatismi o peggio ad arbitrii nella scelta del lavoratore da adibire al lavoro agile – prosegue Casagrande - ovvero, 'ti metto in lavoro agile perché sei amico di…': al riguardo, considerato che i processi di competenza di ciascuna unità organizzativa sono conosciuti direttamente dai dirigenti responsabili, occorre dare centralità alla valutazione delle attività per le quali non è possibile il ricorso al lavoro agile, in relazione alla natura e alle modalità di svolgimento delle relative prestazioni”.