Milano, 18 mag. (AdnKronos) - La crisi economica internazionale non è transitoria e rischia di confermare un quadro macroeconomico preoccupante. L'Italia, invece, sta vivendo una fase di ripresa, dopo i crolli avvenuti durante la recessione. E' il quadro tracciato dai gestori di Lemanik, società attiva nel settore del risparmio gestito. "Il recupero economico della seconda metà dell'anno, che gli investitori scontano ormai sistematicamente da tre anni, non è garantito", ha spiegato Maurizio Novelli, gestore Lemanik global strategy fund, nel corso del workshop sui mercati finanziari organizzato a Milano. "I meccanismi alla base del rallentamento, ormai in corso dal 2015, non sono fenomeni di breve periodo perché si basano su fattori di natura strutturale. In particolare, i mercati emergenti, dopo la crisi del 2008, hanno impresso una forte spinta al credito e alla crescita per cercare di contrastare il deleverage in corso in Europa e negli Stati Uniti. Grazie a questo stimolo, guidato dalla Cina, il mondo ha evitato di ricadere in recessione, ma è rimasto ancorato alla crescita cinese e agli stimoli americani per cercare di sfuggire ad una stagnazione globale".Inoltre, secondo Novelli, le recenti politiche della Fed, che puntano al rialzo dei tassi, hanno portato a una rivalutazione della moneta statunitense con conseguenti danni all’indebitamento in dollari dell'area degli emergenti che hanno iniziato ad adottare significative svalutazioni monetarie, inducendo l’aumento del costo del debito. Nell'agosto scorso la Cina ha abbandonato il cambio fisso con il dollaro e la fase di deleverage dell’economia cinese si è aggiunta a quella in corso in tutta l'area. “Questo fenomeno è solo nella sua fase iniziale e non è temporaneo -ha continuato- negli Stati Uniti hanno iniziato a risentirne dalla fine dello scorso anno, in Giappone dall'estate scorsa, mentre l'Europa ne risentirà tra circa sei mesi". Nel frattempo i principali driver della crescita Usa, come i settori energia e auto, "hanno iniziato a cedere: nonostante la piena occupazione, i consumi si sono rivelati sorprendentemente deboli anche con il calo dei prezzi energetici". (segue)